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Cosa possono fare le agenzie investigative in Italia?

Secondo il noto portale del Diritto La legge per tutti: "Un investigatore privato può compiere tutte quelle attività che sarebbero lecite anche se fossero compiute da un normale cittadino".

Un'ulteriore conferma giunge dal noto studio legale Gobbi & Partners: 'Un investigatore privato può esercitare la professione entro gli stessi limiti che ha il privato cittadino'.

Così come un normale cittadino, anche un investigatore privato non può perquisire persone e luoghi, intercettare comunicazioni riservate, acquisire dati coperti da privacy, accedere ad ambienti privati senza il consenso del titolare del luogo. Mentre può pedinare e appostarsi in luogo pubblico, scattare foto in luogo pubblico, raccogliere informazioni da banche dati pubbliche, accedere ad ambienti privati con il consenso del titolare del luogo.

Quindi quali sono le differenze giuridiche fra un investigatore privato e un normale cittadino?

L'investigatore privato, in virtù della licenza rilasciata dal Prefetto ex art. 134 TULPS, può svolgere delle indagini per conto di terzi dietro pagamento di un compenso. Mentre il normale cittadino può svolgere solo delle indagini per motivi e usi suoi personali.

Un'altra differenza giuridica è che l'investigatore privato è assoggettato alle norme europee GDPR sul trattamento dei dati personali. Mentre il normale cittadino non è assoggettato al GDPR quando acquisisce e tratta dati personali altrui per motivi e usi privati ('household exclusion provision' art. 2 GDPR). A patto che non divulghi pubblicamente dati e informazioni (es. sui social).

Un'ulteriore differenza giuridica è che l'eventuale reato commesso da un investigatore privato potrebbe essere soggetto alle aggravanti previste in alcuni articoli del Codice Penale (es. ultima parte art. 615bis). Queste aggravanti non riguardano il normale cittadino.

In Italia anche un normale cittadino può svolgere personalmente un'indagine privata e il 'fai da te' investigativo è comune. Tuttavia è importante precisare che un normale cittadino può svolgere solo un'indagine 'nel suo particolare interesse e nei confronti di una singola persona'. Cioè può indagare solo su una persona chiaramente individuabile (es. il coniuge o il figlio) e solo su questioni che lo riguardano direttamente e personalmente. Quindi non può in nessun caso svolgere un'indagine per conto di terzi, ma solo un'indagine per 'motivi e usi suoi personali'. In pratica sono quasi sempre questioni familiari o riguardanti la sfera privata. In questi casi non è necessaria la licenza del Prefetto perchè non sono indagini svolte in forma professionale per conto di terzi. A conferma giunge la sentenza 48264/2014 della Cassazione, dove un uomo ha pedinato la sua ex moglie per mesi. Ma è stato assolto con formula piena dall'accusa di esercizio abusivo della professione di investigatore privato (art. 348 C.P.) perchè il fatto non sussiste.

Un dubbio che a volte sorge quando si scopre di essere stati controllati di nascosto: è possibile denunciare un investigatore privato?

Il lavoro dell'investigatore privato è legale. Gli investigatori sanno entro quali limiti possono muoversi e non accettano incarichi che richiedono il superamento dei limiti legali. Non è possibile denunciare un investigatore privato che ha fatto dei controlli nascosti ammessi per raccogliere con discrezione le informazioni necessarie a perseguire uno scopo lecito e legale. Così come un normale cittadino, anche un investigatore privato può essere denunciato solo se è ipotizzabile che abbia infranto la legge.

Quali sono i controlli nascosti ammessi? Principalmente pedinamenti, appostamenti e osservazioni in luogo pubblico, verifiche in locali pubblici, accessi a pubblici registri, foto, registrazioni e videoregistrazioni nascoste in presenza di chi le effettua, controlli di autoveicoli con localizzatori GPS, richieste di informazioni a persone informate sui fatti. 

Ci sono anche dei controlli nascosti non ammessi a prescindere, sia per i normali cittadini che per gli investigatori privati: ad es. all'interno di private dimore senza essere presenti sul posto (autoveicoli esclusi), nei sistemi informatici (PC, server, reti, telefonini, tablet, database protetti dalla privacy, flussi telematici, ecc.) e nelle comunicazioni a distanza (chat, posta, messaggistica di ogni tipo, telefonate, Voip, ecc.). Inoltre non è ammesso svolgere dei controlli con atteggiamenti molesti, petulanti, invadenti, minacciosi, plateali, violenti o persecutori: questo può portare a conseguenze sanzionatorie che partono dalle molestie e possono arrivare allo stalking in casi gravi e reiterati. Oltre al fatto che, agendo così, non si fanno certamente dei controlli efficaci e discreti! Altre possibili conseguenze potrebbero riguardare solo le aziende e i professionisti ed essere ricondotte al GDPR (privacy dei dati personali) o allo statuto dei lavoratori per alcuni controlli in azienda. Normalmente le prove raccolte mediante controlli non ammessi non sono trascrivibili e non sono utilizzabili in tribunale.

Tuttavia i controlli nascosti, anche quelli ammessi, comportano quasi sempre un'invasione nella privacy altrui. Ma come si bilanciano due diritti opposti come il diritto a indagare e il diritto alla privacy della persona indagata?

Bisogna rispettare quattro principi generali: scopo, necessarietà, proporzionalità e continenza.

In sintesi i controlli nascosti devono essere necessari per perseguire uno scopo lecito e legale (es. far valere o difendere un diritto). Non sono ammessi scopi illeciti, illegali, futili, superflui o non chiaramente individuabili. Inoltre i controlli nascosti devono essere attinenti, adeguati e proporzionati allo scopo da perseguire. In pratica bisogna limitarsi ad acquisire le informazioni minime indispensabili per lo scopo dell'indagine, seguendo il principio generale che l'invasività nella privacy altrui deve essere contenuta il più possibile. Qui emerge un limite importante, soprattutto per gli investigatori privati che sono professionisti assoggettati al GDPR: anche i controlli nascosti ammessi potrebbero essere contestati se sono troppo ampi, prolungati, invasivi, inadeguati, sproporzionati o comunque non attinenti allo scopo dell'indagine. Terminiamo questa sintesi ricordando che che le indagini private non devono essere necessariamente finalizzate ad esibire le prove raccolte in tribunale (non è un obbligo ma una scelta). In ogni caso le prove non devono essere rese pubbliche (es. nei social o negli ambienti di lavoro), ma usate con discrezione per prendere delle decisioni oppure per essere esibite nelle sedi competenti.

A livello di principi generali tutto quanto sopra vale sia per gli investigatori privati che per i normali cittadini. Ma bisogna segnalare che, come dichiarato anche dallo studio legale Gobbi & Partners in un'intervista a ForensicsNews, in Italia si assiste spesso al paradosso che i normali cittadini godono di più libertà d'azione e di maggiore tolleranza rispetto agli investigatori privati.


Fonti e approfondimenti

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